martedì 21 febbraio 2012

Il buon tempo antico

Narra la tradizione che Servio Tullio dividesse il popolo romano in classi: «Divise il popolo in classes, in gruppi, in base alla fortuna, il patrimonio, e alla dignitas, l'autorità personale fondata sul prestigio, sulle cariche civili o religiose coperte, sulla pubblica stima».
E fin qui (a parte la pubblica stima) non siamo andati molto avanti - per la pubblica stima siamo andati indietro.
Il bello viene dopo: «Le prime classi avevano maggiori doveri, in termini di tributi e di spese per armarsi in caso di guerra, le ultime dovevano molto meno, armature meno costose, minori tasse». Capito, Monti? Se proprio dobbiamo avere un governo conservatore, conserviamo la tradizione degli antenati... Indietro di 2500 anni dovrebbe essere sufficiente...
E una noticina per i nostri parlamentari: «Il sistema elaborato da Servio permetteva di individuare i cittadini migliori: occorreva essere riconosciuti pubblicamente uomini meritevoli dei ranghi più alti, mostrare agli occhi di tutti azioni degne di lode. Sul costume dei cittadini per altro vegliava la pubblica fama, quello che "gli altri" dicevano di ciascuno (oggi diremmo "controllo democratico"?), e se un cittadino infrangeva i costumi o violava le leggi poteva subire un declassamento. Essere i "primi", i migliori, dipendeva certo dalla familia in cui si nasceva, ma mostrarsi degni dei propri antenati e della stima di tutti richiedeva una grande fatica».
E non era poi una società tanto chiusa: «D'altra parte il sistema permetteva a ciascun cittadino di migliorare la sua posizione...».

(tutte le citazioni sono tratte da: Licia Ferro, Maria Monteleone, Miti romani, Einaudi 2010)

Qualcuno dirà: che c'entrano le narrazioni favolose sui sette re di Roma con noi? Niente, per carità...ma mi sembrava un giochino divertente (e amaro).

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