lunedì 26 luglio 2010

Il giallo perfetto

Perché amo i gialli? Perché sono razionali. Mettono ordine nel caos della vita e della morte. Per quanto efferato sia il delitto proposto, per quanto sconvolgente sia la confusione che un delitto genera nella società, si è sicuri che alla fine i conti torneranno. Non dico che vengano risolti materialmente i casi, ma lo saranno razionalmente, il che è pacificatorio per lo spirito: te ne fai una "ragione". Non così nella vita, in cui spesso sfugge la razionalità delle decisioni altrui (e qualche volta anche il senso delle scelte proprie). Quindi il giallo è un sollievo.


Il giallo è consolatorio anche per un altro motivo, essenziale per una persona civile: alla fine, viene ripristinata la legalità, o per lo meno (anche se qualche potere forte, occulto o no, tenta di impedirlo) è chiaro per tutti che la legalità rimane un valore imprescindibile. Si può dire altrettanto della vita reale in questi tempi bui?

Nelle opere che preferisco il meccanismo narrativo rende razionali e plausibili gli avvenimenti in modo che questi convergano in un finale che ristabilisca l'ordine e al tempo stesso escluda ogni intervento soprannaturale; in questo senso il giallo perfetto è "Dieci piccoli Indiani" di Agatha Christie.



In questo gioiello narrativo, come leggo nella postfazione di Falzon, «Nigger Island costituisce anche un viaggio a ritroso del Super-Io che, uscito dalla legalità che gli è propria, si immerge nelle profondità dell'Es animalesco... è una regressione verso un sistema di punizione "primitiva" ... La giustizia illegale dell'isola non mette in dubbio la legalità della giustizia sulla "terraferma", anzi la rafforza perché ribadisce la sua inevitabilità e l'impossibilità per un colpevole di fuggire dalle sue maglie»


Continua Falzon con una citazione di Tzvetan Todorov: «I condannati - e il lettore - tentano invano di scoprire chi esegua le punizioni che si susseguono... Nessuna spiegazione naturale sembra possibile. Bisogna ammettere l'esistenza di esseri invisibili, e di spiriti. Evidentemente tale ipotesi non è realmente necessaria e non mancherà la spiegazione naturale» (La letteratura fantastica, Garzanti, Milano, 1977, p.51).

martedì 20 luglio 2010

Cosa leggerò ad agosto?

L'altra sera con un' amica-lettrice si parlava di letture estive. L'estate è già avanti e certamente chi doveva dare consigli li ha già dati; tanto pour parler, penso alle estati scorse, a quel che mi è piaciuto leggere soprattutto: gialli gialli volentieri, ne ho una lista infinita. Si potrebbe obiettare che le letture "estive" hanno senso solo per chi lavora e va in vacanza in estate; che i fortunati-poveri pensionati possono disporre di letture senza etichette. Eppure, che nostalgia il borsone dei libri, alcuni pensati, altri raccattati all'ultimo momento! Quei libri saporosi di aromi salmastri o montani, magari da rubarsi impazienti tra moglie e marito, tra figlie e genitori! La lettura "estiva" non è un semplice accadimento casuale, ma una categoria dello spirito.

E allora chi tiro fuori dal borsone? La Fred Vargas no, perché di solito, quando arriva l'estate, ho già letto il suo ultimo libro, Camilleri... Augias...Carofiglio...Agatha Christie...Durrenmat...

Fruttero & Lucentini, che ho conosciuto per una memorabile Antologia della fantascienza edita da Einaudi (la mia edizione è del 1968) curata appunto dai due scrittori. (Ma la fantascienza è un altro capitolo; oggi parlo di gialli).

I titoli che mi vengono in mente: Il palio delle contrade morte, La donna della domenica, Enigma in luogo di mare, ma ce ne sono ancora altri che aspirano all'etichetta estiva. Anzi, alcuni non sono ancora nel borsone!

domenica 11 luglio 2010

Il viaggio dell'elefante

Impossibile resistere: un viaggio e Saramago.

La parola viaggio per me è altamente evocativa: di percorsi sognati, realizzati, solo desiderati, liberatori, folgoranti di scoperte.

Tutto è viaggio.

Di questo libro di Saramago dico solo che mi piacerebbe sorvolare l'avventurosa e pittoresca carovana, che da Lisbona ha portato fino a Vienna Salomone-Solimano, l'elefante, e Subhro-Fritz, il suo cornac.
Il significato del libro? Prendo in parola lo stesso autore che dice:
"Ogni lettore ha diritto a leggere alla sua maniera. C'è già fin troppa gente che ci dice cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo pensare. Un buon romanzo deve essere uno spazio di libertà che solo apparentemente ci deve condizionare. Il lettore può chiudere le porte che lo scrittore ha aperto, e aprirne altre. Il romanzo è uno dei romanzi possibili. Niente di più". (da un articolo di Paolo Collo su Repubblica del 2 aprile 2009).
Grazie, Saramago. Mi prenderò la libertà di ricreare l'incanto della tua fiaba in un racconto illustrato per bambini. Penso che ti farà piacere.






P.S.: Per i curiosi che volessero sapere come è venuto in mente a Saramago l'idea del romanzo riporto dalla sua prefazione:
"Se Gilda Lopes Encarnação non fosse lettrice di portoghese all'Università di Salisburgo, se io non fossi stato invitato ad andare a parlare agli studenti, se Gilda non mi avesse invitato a cena nel ristorante L'Elefante, questo libro non esisterebbe. C'è voluto che gli ignoti fati si coniugassero nella città di Mozart perché io potessi domandare: «Che cosa sono quelle figure?» Le figure erano delle piccole sculture di legno disposte in fila, la prima delle quali ... era la nostra Torre di Belém. ... Mi fu detto che si trattava del viaggio di un elefante... Il libro che ne risulta è qui... " (José Saramago, Il viaggio dell'elefante, Einaudi 2009)

martedì 6 luglio 2010

La donna e il potente

Una donna che si innamora (o fa finta di innamorarsi per interesse) e poi si accompagna ad un uomo che diventa potente, molto potente… (Non entro nel merito della scelta: non è facile capire come si possa “innamorarsi” di certi tipi, ma questo è un parere personale).
A questa donna, quando non è più utile al potere o diventa scomoda per quel che fa o dice, cosa succede?
Viene denigrata pubblicamente, distrutta se è possibile. Di chi parlo? Ecco un altro indovinello.
Parlo forse di lei ?

Non esattamente, ma se qualcuno volesse stabilire dei paralleli avrebbe tutta la mia approvazione. C'è da dire che, in fondo, l'esito della vicenda non sia stato poi così terribile per V.L.; non altrettanto bene è andata alla donna di cui sto parlando. Riporto un altro indizio:

" Un uomo, il Duce, tanto carezzevole con i bambini quanto mite con gli adulti, compresi i suoi numerosi amici ebrei... E poi, scappatelle erotiche a parte, che incantevole padre di famiglia!...
Il meccanismo è quello consueto - scoperto, eppure insidioso - che fa leva sulle qualità private per suggerire pubbliche virtù. Se un dittatore è capace di affetti, o addirittura di amore, non significa forse che è un dittatore dal volto umano?" (da un articolo di Sergio Luzzatto pubblicato sul Corriere il 14 gennaio 2005)

Nell'articolo si parla di Ida Dalser, la donna cancellata da Mussolini.


Non conoscevo esattamente la sua vicenda, ma l'altra sera ho avuto modo di vedere (su Sky) il bel film di Bellocchio, Vincere, che di lei parla.
Ida Dalser è un personaggio controverso, ma la sua fine rimane tragicamente emblematica di come il potere sia pronto a sbarazzarsi delle persone scomode.

In margine una nota sul film, di cui ho apprezzato anche gli aspetti formali: interessante l'esordio "futurista", che sa ricreare l'atmosfera di quel periodo; poi il film procede con toni più intimi, ma sempre efficaci nel trasformare una vicenda privata in testimonianza: il vero volto del potere è la crudeltà.