domenica 27 giugno 2010

Fuga numero tre


In “Non è un paese per vecchi” al di là dell’ovvio richiamo al film dei Coen – più che al romanzo di McCarthy- è quella fuga di pali della luce, stagliati sul fondo rosso del cielo, a suggerire l’idea di dover eternamente scappare: chi è inseguito e chi insegue. E’ il tema dominante del film, l’ansia di non fermarsi mai, per trovare pace solo nella fuga estrema della morte. Il quadro riprende la suggestione dell’immagine di apertura del film.

sabato 26 giugno 2010

Fuga numero due




In “Viaggio infinito” la fuga è intimamente collegata a quel desiderio di perdersi e dimenticarsi nell’eterno fuggire di un viaggio. L’ispirazione dell’opera proviene infatti da un percorso iniziato a Venezia con varie tappe lungo l’Adriatico e poi l’Egeo fino al Bosforo e Istanbul, con l’incanto degli arrivi e delle partenze nei vari porti e con una navigazione in vista delle coste e tra le isole. Si determina una situazione di straniamento che è fuga da sé e dalla propria vita di sempre. Nel quadro le parole illustrano questo stato d’animo.
La Poesia circolare: ... e poi andare per sempre lungo le coste frastagliate e vedere il colore del mare che cambia col trascorrere dell'ore vedere le luci della costa che ammiccano insolenti nel richiamo ma noi guardiamo i giochi del sole della luna delle stelle del cielo sulle onde voraci che ci mangiano il cuore ci strappano i ricordi ci trascinano nel viaggio infinito ci consolano nell'eterno presente di uno sguardo che si posa ammaliato sui riflessi del mare senza tempo andare e andare e poi andare...

venerdì 25 giugno 2010

Libertà vo cercando


In “Libertà negata” il motivo più immediato fa riferimento alla situazione delle donne in Afghanistan dopo l’ascesa al potere dei Talebani nel 1996: la fuga è qui intesa come ricerca di una libertà che le donne si videro negata dal regime imposto dai fondamentalisti islamici, libertà di professione, di studio, di essere curate in strutture sanitarie, di circolare liberamente, in una parola, di vivere da esseri umani. Al tempo stesso il quadro allude anche ad una condizione universale femminile, in cui spesso anche una gabbia dorata insinua nell’animo l’ansia della fuga.

Tre quadri un motivo




Mi hanno chiesto tre quadri (per una galleria) che avessero qualcosa in comune: eccoli qui, molto diversi. Sembra che nulla li accomuni. Ma c'è un motivo conduttore, la fuga. Uno alla volta lo racconterò.

sabato 19 giugno 2010

Il mio saluto a Saramago

Penso che in questi giorni si spenderanno fiumi di parole per ricordare Saramago. Desidero salutarlo anch'io, consapevole che non sarò né originale né profonda. Voglio solo dire che il mondo sarà un po' più triste e senz'altro meno civile: la sua presenza mi ricordava che da qualche parte c'era qualcuno che interveniva lucidamente nel caos di barbarie che ci sta sommergendo.
Nella mia biblioteca sono molti i libri di Saramago che devo ancora leggere; proprio per ricordarlo lascerò da parte altre letture e mi dedicherò solo alle sue opere. Tra gli scritti che ho già letto preferisco Cecità: è il romanzo che me lo ha fatto conoscere ed è un po' come il primo amore. Romanzo eccezionale e coinvolgente, uno di quei libri che si cominciano e non puoi smettere di leggere anche se ti angosciano. Indimenticabile la moglie del medico, una donna che racchiude in sé un'accorata saggezza tutta femminile. Il romanzo si chiude con il suo sguardo sulla città:

Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.
La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco, E' arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.

martedì 1 giugno 2010

Amenábar-Almodóvar

Nel post del 28 maggio avevo automaticamente scritto Almodóvar invece che Amenábar, errore che poi ho corretto grazie alla segnalazione di una lettrice. Un lapsus dovuto al mio amore per Almodòvar, di cui guardo e riguardo le pellicole, specialmente Volver che preferisco su tutte.
Questa svista mi permette anche di precisare un mio pensiero: dicevo che solo una donna sa raccontare un'altra donna, ma certamente ci sono delle eccezioni e Almodóvar è una di queste. In Volver ha saputo delineare con nostalgia un mondo femminile fatto di solidarietà e complicità di donne, un mondo in cui vorremmo essere incluse per sentirci protette ed amate e vive. Un mondo reso ancor più struggente dal bellissimo tango di Gardel, Volver (come il titolo del film), cantato da Penelope Cruz.