Ieri a Villa Manin (Passariano): eravamo in sette, sei adulti e una bambina. La bambina, forse di sette anni, era con i nonni; sembrava sinceramente interessata. Poi c'erano due giovani donne. Infine mio marito ed io.
Questi i visitatori (in un giorno feriale, per carità... di agosto, per carità...) della splendida mostra sui fratelli Basaldella. L'anziana signora che ci ha venduto il catalogo ci ha detto che i visitatori sono stati pochissimi, e pochissimi, tra loro, i giovani.
Mi sono piaciute le opere di scultura di Mirko e di Dino, alcune più di altre. Di Dino preferisco i pannelli, di Mirko i totem.
Ma i dipinti di Afro mi hanno incantata, soprattutto quelli con il rosso, magari accostato al verde.
Solo due considerazioni (di tanto che ci sarebbe da dire). La prima: la capacità di trasformare la memoria in colore luce e segno è insuperabile e lascia stupefatti, come di fronte ad un miracolo.
La seconda: lo stretto legame con la tradizione veneta del tonalismo situa un artista internazionale come Afro lungo la linea che parte da Giorgione-Tiziano per arrivare fino ai giorni nostri.
Ed una considerazione marginale: tanti sedicenti studiosi di cultura veneta, di lingua veneta, di tradizione veneta, riescono a leggere nell'opera di Afro queste radici? (veramente, in un angolino della mia mente, c'é un'altra insolente domanda: questi sedicenti studiosi di cultura veneta riescono a "leggere" tout court?)
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