giovedì 3 marzo 2011

L'educazione dei figli

Quel che più mi piace nei romanzi di Javier Marías è quel suo divagare nei meandri del tempo e della memoria per raccontare qualcosa che sempre mi sorprende nella sua famigliarità: sono, spesso, annotazioni che stimolano la mia, di memoria.
Il protagonista di "Il tuo volto domani" racconta-ricorda il figlio (e il ricordo del bambino, e poi ragazzetto, gli è richiamato da un altro bambino, e quest'ultimo, a sua volta, da un altra immagine del passato in una catena che si snoda lungo le direttive del tempo): e a questa catena anch'io mi riallaccio, lettrice che continua fuori del libro la vita del libro. Perché le sue considerazioni sull'educazione dei figli mi fanno venire in mente una bambina di tanti anni fa.
«... e cominciavo a temere per lui, era molto paziente e protettivo con la sorella e spesso partecipava fin troppo e cedeva, come chi sa che è cosa nobile e retta che cedano sempre i forti davanti ai deboli non tirannici e non abusivi, un principio oggi antiquato, perché oggi di solito sono spietati i forti e dispotici i deboli... soffrono molto nella vita coloro che fanno da scudo, e i sorveglianti, con il loro occhio e il loro udito sempre desti. E quelli che vogliono giocare pulito a oltranza...»
E come il protagonista, anch'io a volte mi sono chiesta se sia stata una giusta educazione la mia:
«A volte mi domando se non sono un cattivo padre per non averlo addestrato, per non avergli insegnato ciò che conviene: astuzie, furberie, intimidazioni, cautele, lamenti; e ancora egoismo.»

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