mercoledì 17 novembre 2010

XY


Ho appena finito l'ultimo libro di Veronesi, XY.

In questo momento mi è sembrato come un'allegoria del nostro tempo, soprattutto della nostra società italiana: una confusa raccolta di frammenti che non trovano un motivo di aggregazione. La storia, come è ormai noto da articoli e interviste, racconta di una strage incomprensibile, assurda, un delitto che sembra inspiegabile. Non a caso il frontespizio del romanzo riporta una citazione di Durrenmatt, di cui ho già scritto riguardo alla sua avversione per il genere giallo, dove tutto alla fine si può spiegare razionalmente: "Un fatto non può 'tornare' come torna un conto, perché noi non conosciamo tutti i fattori necessari ma soltanto pochi elementi per lo più secondari. E ciò che è casuale, incalcolabile, incommensurabile, ha una parte troppo grande".

Quindi il trionfo dell'irrazionale.

Eroi di questa storia sono due specialisti dell'irrazionale: un prete ed una psicanalista; sono due combattenti, molto dubbiosi ed umani, contro il Male, sì, proprio l'antico Male con la M maiuscola.

E' proprio questa impossibilità a trovare un percorso razionale che accomuna la storia di XY (le incognite per eccellenza? le due assi cartesiane? ) alla nostra società attuale, accozzaglia di elementi che ha smarrito ogni disegno complessivo.

Ad un certo punto, nel libro, si paragona l'avvenimento ad un incubo: "...questa storia somiglia a un incubo... Il crollo dei nessi di causalità, l'impossibilità di trovare vie d'uscita, il simbolismo radicale di ogni singolo evento, sono tutte cose che fanno di questa storia quanto di più vicino a un incubo mi sia capitato di vivere."
Mi sembra, decisamente, il ritratto della nostra vita pubblica, oggi, in Italia: "... abbastanza assurda da umiliare la ragione che cerca di spiegarla ma non così assurda da impedirci di star qui a osservarla..."

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