Mi è capitato di rileggere il "Dialogo della Natura e di un Islandese". Leopardi sa anche essere divertente, divertente-amaro diciamo.
Un vulcano islandese, anche recentemente, ci ha ricordato che se la natura ha voglia di disturbarci, basta un po' di movimento e... amen. (...e lasciamo da parte terremoti, tsunami , cicloni e catastrofi varie). Come minimo dobbiamo rivedere gli orari degli aeroporti.
Ma ritornando al nostro amato Giacomo, racconto in breve la vicenda di questo povero Islandese che voleva solo starsene tranquillo, non dico felice, che, per carità, non è dato agli umani, ma per lo meno senza troppe sofferenze; fuggito dalla sua isola, che non è certo il luogo più confortevole da abitare, dopo molte peregrinazioni nel tentativo di sfuggire alla Natura matrigna, arriva in Africa e chi ti incontra? Proprio lei, bella e terribile, con i capelli e gli occhi neri, immensa, come un idolo malefico: la Natura. Di fronte alle rimostranze del povero umano, la Natura dà la risposta che di più non potrebbe umiliarci: alla Natura di noi non importa nulla, siamo meno che niente, non ci considera, con un nulla ci annienta, anzi... non si accorge neanche che ci siamo.
"... se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei."
L'Islandese insiste, vuol discutere sullo scopo della vita; la conclusione (in doppia versione) è divertentissima: "Mentre stavano in questi e simili ragionamenti è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall'inedia, che appena ebbero la forza di mangiarsi quell'Islandese; come fecero; e presone un poco di ristoro, si tennero in vita per quel giorno. Ma sono alcuni che negano questo caso, e narrano che un fierissimo vento, levatosi mentre che l'Islandese parlava, lo stese a terra, e sopra gli edificò un superbissimo mausoleo di sabbia: sotto il quale colui disseccato perfettamente, e divenuto una bella mummia, fu poi ritrovato da certi viaggiatori, e collocato nel museo di non so quale città di Europa."
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