Ho appena finito di leggere un raccontino ingegnosissimo e molto "ghost" (Ti trovo un po' pallida) e nella postfazione dell'autore, che parla di sé, ho trovato la descrizione, tracciata con ineffabile ironia, del mio rapporto con l'irrazionale: "Personalmente non ho mai visto o sentito fantasmi né ho mai fatto nulla per cercare di evocarli. La grande questione della vita oltre la morte non mi ha mai interessato (finora) anche se so che sta invece a cuore a moltissimi, in un modo o nell'altro. Ma l'evocazione letteraria è un'altra cosa e una ghost story organizzata coi dovuti effetti ti può appassionare, quasi convincere, comunque impressionare".
Chi scrive è Carlo Fruttero; e continua, raccontando di una sera, da giovane, in cui aveva avuto l'impressione di essere seguito nel buio (e chi non l'ha mai avuta, con l'irrefrenabile impulso di voltarsi indietro?): "Mi fermavo, ma senza voltarmi. Poi ripartivo a sorpresa, in fretta. E quello dietro... Allora mi imponevo una sosta raziocinante... Immobile sotto la luna consideravo i fatti... Ma certo! Ero io stesso il fantasma, ero io a sollevare coi miei tacchi piccole cascate di ghiaia che ricadendo alle mie spalle... Nei miei rapporti col mondo soprannaturale non sono mai andato più in là di così, anche se quel giovanile episodio mi fa pensare che un incontro con un "vero" ectoplasma mi lascerebbe stecchito".
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