Perché amo i gialli? Perché sono razionali. Mettono ordine nel caos della vita e della morte. Per quanto efferato sia il delitto proposto, per quanto sconvolgente sia la confusione che un delitto genera nella società, si è sicuri che alla fine i conti torneranno. Non dico che vengano risolti materialmente i casi, ma lo saranno razionalmente, il che è pacificatorio per lo spirito: te ne fai una "ragione". Non così nella vita, in cui spesso sfugge la razionalità delle decisioni altrui (e qualche volta anche il senso delle scelte proprie). Quindi il giallo è un sollievo.
Il giallo è consolatorio anche per un altro motivo, essenziale per una persona civile: alla fine, viene ripristinata la legalità, o per lo meno (anche se qualche potere forte, occulto o no, tenta di impedirlo) è chiaro per tutti che la legalità rimane un valore imprescindibile. Si può dire altrettanto della vita reale in questi tempi bui?
Nelle opere che preferisco il meccanismo narrativo rende razionali e plausibili gli avvenimenti in modo che questi convergano in un finale che ristabilisca l'ordine e al tempo stesso escluda ogni intervento soprannaturale; in questo senso il giallo perfetto è "Dieci piccoli Indiani" di Agatha Christie.
In questo gioiello narrativo, come leggo nella postfazione di Falzon, «Nigger Island costituisce anche un viaggio a ritroso del Super-Io che, uscito dalla legalità che gli è propria, si immerge nelle profondità dell'Es animalesco... è una regressione verso un sistema di punizione "primitiva" ... La giustizia illegale dell'isola non mette in dubbio la legalità della giustizia sulla "terraferma", anzi la rafforza perché ribadisce la sua inevitabilità e l'impossibilità per un colpevole di fuggire dalle sue maglie»
Continua Falzon con una citazione di Tzvetan Todorov: «I condannati - e il lettore - tentano invano di scoprire chi esegua le punizioni che si susseguono... Nessuna spiegazione naturale sembra possibile. Bisogna ammettere l'esistenza di esseri invisibili, e di spiriti. Evidentemente tale ipotesi non è realmente necessaria e non mancherà la spiegazione naturale» (La letteratura fantastica, Garzanti, Milano, 1977, p.51).
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